Molti sono i vocaboli, più o meno specialistici, che ricorrono frequentemente nelle relazioni di aiuto. Il termine “fatica” è uno di questi, soprattutto quando si riferisce alla dimensione pratico-operativa di un educatore o di una intera èquipe. Ieri sera una parte del gruppo si è concessa una uscita serale che potremmo definire defaticante . Il contesto professionale in cui operiamo ci espone a forti sollecitazioni emotive, impone di saper trovare soluzioni in tempi brevi; necessita di conoscenze specialistiche, mette sul tavolo quotidianamente questioni etiche complesse. La forza dell’agire educativo non si pone in termini deterministici di giusto o sbagliato, stà nella continua capacità di interrogarsi, vagliando scrupolosamente quali opzioni valoriali orientano il nostro e l’altrui agire, quale stato d’animo accompagna le nostre e le altrui scelte, e quanto queste siano influenzate dai nostri vissuti. Tener conto del dato di realtà, anche per ciò che comporta i riferimenti legislativi, le tecniche del colloquio e di mediazione, senza peraltro trascurare gli aspetti deontologici. Si aggiunga, l’impossibilità di ignorare che di fronte a noi vi è una persona che siamo tenuti ad accogliere, che ci chiede in modo più o meno diretto, di rispettare e accettare le sue visioni del mondo, di non giudicare la sua storia personale, di non considerare i problemi che sta vivendo come occasione per delegittimare i suoi affetti. Prendere una decisione, soprattutto quando questa ha implicazioni negative per uno dei nostri giovani, significa tener conto di tutti gli aspetti sopra descritti, solo in questo modo sarà possibile provocare cambiamento e sortire gli effetti che la “professione” richiede. Recentemente il “nostro” Prof. Zanella ha sottoposto alla mia curiosità un documento scritto di suo pugno nel quale, citando H. Gadamer, sottolinea tra le molte altre argomentazioni, che “L’autorità può recuperare la sua validità educativa solo nella prospettiva relazionale, la quale trova fondamento su due motivi << quello di circolarità della relazione e quello di parità valoriale >>. Relativamente alla circolarità della relazione, l’autorità si svolge nel segno della reciprocità e diventa orientativa e democratica; relativamente al motivo della parità valoriale, l’autorità è educativa quanto più essa tende ad esaurirsi nel tempo con la conquista dell’autonomia dell’educando, diventando così veramente razionale, liberatrice, autorevole, democratica e così via, negando valore alla sterile pratica della punizione e spingendo a buon uso della disciplina>>” <>”Finchè avremmo la sensibilità di operare in questo modo credo che la fatica non mancherà di farsi sentire. In alcuni momenti, inevitabilmente si fà e si farà sentire pure di più. Anche ieri sera ci siamo messi in discussione, in modo costruttivo, senza trascurare la spensieratezza e la convivialità del momento. La realtà della nostra associazione ci scaraventa davanti esistenze fragili, angoli di mondo, dignità calpestate, diritti violati, ragazzi “fuori”. Affrontare il quotidiano come si affronta una normale giornata di lavoro è una esperienza a noi sconosciuta. I segni della fatica del nostro e dell’altrui vivere predispongono inevitabilmente a momenti di crisi. Ma è il senso di vicinanza che in questi casi rende una èquipe di professionisti, un insieme di uomini e donne che esprimono la propria umana solidarietà e si adoperano concretamente per sostenere le fragilità di ognuno. Vi è un detto, credo africano, che dice pressappoco così: “Io sono ciò che incontro”
p.s. La serata è stata allietata dalla inaspettata compagnia di Eddy Zamperlin, un collega che ha fatto la storia di questi luoghi. Da pochi giorni è tornato dal Congo, ove si trova in missione umanitaria, abbiamo avuto modo di sentire dalla sua voce il racconto di una esperienza bella e al contempo drammatica. Bravo Eddy hai tutta la nostra ammirazione!
Riccardo Pavan
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